Il pastore fece uscire il suo gregge e lo portò al pascolo. Prima di uscire, bagnò in un secchio d’acqua il sacco in cui aveva messo le ghiande… M’invitò ad accompagnarlo se non avevo di meglio.
Andava a duecento metri da lì, più a monte. Arrivato dove desiderava, cominciò a piantare la sua asta di ferro in terra.
Faceva così un buco nel quale depositava una ghianda, dopo di che turava di nuovo il buco.
Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva, mi rispose di no … non gli interessava conoscerne i proprietari.
Piantò così le cento ghiande con estrema cura. Da tre anni piantava alberi in quella solitudine.
Si chiamava Elzéard Bouffier… Aveva pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza d’alberi… L’anno seguente, ci fu la guerra del ’14, che mi impegnò per cinque anni.
Finita la guerra, ripresi la strada di quelle contrade deserte.
Il paese non era cambiato. Tuttavia, oltre il villaggio abbandonato, scorsi in lontananza una specie di nebbia grigia che ricopriva le cime come un tappeto.
Le querce del 1910 avevano adesso dieci anni ed erano più alte di me e di lui.
Lo spettacolo era impressionante. Ero letteralmente ammutolito e, poiché Elzéard non parlava, passammo l’intera giornata a passeggiare in silenzio per la sua foresta. Aveva continuato a piantare alberi.
Sequoia Padova
Ho rivisto Elzéard Bouffier per l’ultima volta nel giugno del 1945…
Ora tutto è cambiato. L’aria stessa. Invece delle bufere secche e brutali che mi avevano accolto un tempo, soffiava una brezza docile carica di odori. Un rumore simile a quello dell’acqua veniva dalla cima delle montagne: era il vento nella foresta. Infine, cosa più sorprendente, udii il vero rumore dell’acqua scrosciare in una vasca. Vidi che avevano costruito una fontana;l’acqua vi era abbondante e, ciò che soprattutto mi commosse, vidi che vicino a essa avevano piantato un tiglio di forse quattro anni, già rigoglioso. Dove nel 1913 avevo visto solo rovine, sorgono ora fattorie pulite, ben intonacate. Le vecchie fonti, alimentate dalle piogge e le nevi che la foresta ritiene, hanno ripreso a scorrere. A lato di ogni fattoria, in mezzo a boschetti di aceri, le vasche delle fontane lasciano debordare l’acqua su tappeti di menta. I villaggi si sono ricostruiti a poco a poco. Una popolazione venuta dalle pianure, dove la terra costa cara, si è stabilita qui, portando gioventù,
movimento, spirito d’avventura. S’incontrano per la strada uomini e donne ben nutriti, ragazzi e ragazze che sanno ridere e hanno ripreso il gusto per le feste campestri. Se si conta la vecchia popolazione, irriconoscibile da quando vive nell’armonia, e i nuovi venuti, più di diecimila persone devono la loro felicità a Elzéard Bouffier.
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